Reati informatici

Le nuove tecnologie ed internet, sia per effetto della diffusione ormai di massa degli smartphones, che ne rendono facile ed immediato l’accesso e l’utilizzo, sia per l’importanza operativa che ha assunto per società e studi professionali, hanno determinato il nascere di una branca del diritto che risulta ormai di sempre maggior importanza: il diritto informatico.

Internet e l’utilizzo delle e-mail risultano nuovi canali attraverso i quali possono essere commesse molteplici fattispecie di reato previste dal codice penale, dal D.Lgs. 231/2001 (come modificato dalla Legge 48/2008, con la quale è stata ratificata la Convenzione di Budapest del Consiglio d’Europa sulla criminalità informatica, che ha modificato l’art. 24 ed aggiunto l’art. 24 bis, inserendo vari reati informatici fra i reati presupposti, introducendo in tal modo la punibilità degli Enti Collettivi per la commissione di tali reati da parte di apicali e dipendenti), nonché altre leggi speciali.

La casistica più diffusa che si riscontra riguarda:

  1. il furto dell’identità digitale, che si verifica nella violazione, intrusione ed appropriazione del profilo personale sui social networks (es. Facebook, Instagram, Twitter etc.), del profilo su piattaforme di e-commerce (es. E-bay), condotte che configurano il reato di sostituzione di persona (art. 494 c.p.),
  2. l’accesso abusivo alla e-mail, che configura il reato di cui all’art. 615 ter c.p. (accesso abusivo a sistema informatico o telematico),
  3. la truffa (art. 640 c.p.), la ricettazione (art. 648 c.p.), l’utilizzo indebito di carta di credito (D.lgs. 231/2007 art. 55), reati contro il patrimonio che possono realizzarsi mediante pagamenti on-line effettuati tramite carte di credito/carte poste pay delle quali si sono ottenuti, indebitamente ed all’insaputa dei legittimi titolari, i dati (password/pin); tale operazione di captazione dati è denominata phishing (che si realizza generalmente mediane l’invio di una e-mail con il logo contraffatto di un istituto di credito o di una società di commercio elettronico, in cui si invita il destinatario a fornire dati riservati, come numero di carta di credito, password di accesso al servizio di home banking, ecc., motivando tale richiesta con ragioni di ordine tecnico),
  4. la diffamazione (art. 595 c.p.), è il reato che punisce chiunque, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, in questo caso attraverso l’utilizzo di mail e social networks (es. Facebook, Instagram, Twitter etc.),
  5. quanto alle fattispecie introdotte dalla Legge 48/2008 si possono identificare tre gruppi distinti di reati:
    • il I gruppo di reati (artt. 615 ter, 617 quater, 617 quinquies, 635 bis, 635 ter, 635 quater e 635 quinquies c.p.) punisce il danneggiamento di hardware, di software e di dati: viene punito l’accesso abusivo ad un sistema e l’intercettazione o l’interruzione di dati compiute attraverso l’installazione di appositi software o hardware e viene punita come aggravante la commissione degli stessi reati in sistemi informatici di pubblica utilità;
    • il II gruppo di reati (artt. 615 quater e 615 quinquies c.p.) punisce la detenzione e la diffusione di software e/o di attrezzature informatiche atte a consentire la commissione dei reati di cui alla precedente lett. a);
    • il III gruppo di reati (artt. 491 bis e 640 quinquies c.p.) punisce la violazione dell’integrità dei documenti informatici e della loro gestione attraverso la falsificazione di firma digitale (elettronica).

Aspetto di grande rilevanza pratica riguarda la determinazione dell’autorità giudiziaria territorialmente competente.

Infatti, il criterio generale dettato dall’art. 8 c.p.p. del locus commissi delicti, che identifica l’autorità competente con quella del luogo in cui si è consumato il reato, non risulta nel caso dei reati realizzati on-line di facile attuazione, determinando spesso contrasti giurisprudenziali.

In ogni caso soccorreranno i criteri suppletivi previsti dall’art. 9 c.p.p. II comma (residenza dell’imputato) e III comma (l’ufficio del pubblico ministero che per primo iscrive la notizia di reato nel registro di cui all’art. 335 c.p.p.).

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